
L’affidamento diretto è una modalità semplificata per le pubbliche amministrazioni di assegnare contratti pubblici senza ricorrere a complesse procedure di gara. Con l’introduzione del nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 36/2023), questa modalità è stata ulteriormente potenziata, innalzando le soglie economiche: fino a 150.000 euro per i lavori e 140.000 euro per servizi e forniture.
Si tratta di una soluzione particolarmente utile per accelerare gli approvvigionamenti, ma che richiede il rispetto di regole precise per garantire trasparenza, proporzionalità e il rispetto del principio di rotazione. In che modo è possibile sfruttare al meglio questa opportunità?
In questo articolo, l’avvocato Andrea de Bonis, specializzato in appalti e contratti, faremo chiarezza su tutti gli aspetti fondamentali:
- Quando è consentito utilizzare l’affidamento diretto e quali documenti sono necessari;
- Le fasi della procedura, dalla decisione di contrarre alla selezione dell’affidatario;
- Il principio di rotazione: come applicarlo correttamente e in quali casi si possono prevedere deroghe;
- I controlli previsti per gli affidamenti sotto i 40.000 euro e le verifiche semplificate;
- L’impatto della digitalizzazione introdotta dal 2024.
Vedremo nel concreto come sfruttare i vantaggi dell’affidamento diretto, evitando al contempo i rischi di un utilizzo non corretto di questo strumento.
Sommario
Che cos’è l’affidamento diretto?
L’affidamento diretto è una procedura che consente alle stazioni appaltanti di assegnare un contratto a un operatore economico senza dover attivare un confronto competitivo.Con il nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 36/2023), l’affidamento diretto è stato ufficialmente riconosciuto come una procedura autonoma, utilizzabile per appalti di importo inferiore alle soglie comunitarie. La sua principale caratteristica è la semplificazione: la stazione appaltante può scegliere direttamente l’operatore economico ritenuto idoneo, senza attivare un confronto competitivo tra più soggetti.
A differenza delle procedure aperte, ristrette o negoziate, quindi, l’affidamento diretto non richiede la pubblicazione di un bando né l’acquisizione di più offerte in competizione tra loro. La stazione appaltante ha ampia discrezionalità nell’individuare l’operatore a cui affidare la commessa, basandosi sulle esperienze pregresse,
Limiti e applicabilità dell’affidamento diretto degli appalti
Ma quali sono nel concreto i “paletti” entro cui è possibile ricorrere a questa procedura? Le soglie sono stabilite sempre dall’art. 50 del nuovo Codice Appalti:
- Per i lavori: importo inferiore a 150.000 euro
- Per servizi e forniture (inclusi servizi di progettazione): importo inferiore a 140.000 euro
Si tratta di limiti molto più elevati rispetto al passato, che ampliano notevolmente il raggio di azione dell’affidamento diretto. Tuttavia, prima di procedere, le stazioni appaltanti devono effettuare una verifica preliminare fondamentale: accertare che l’appalto in questione non presenti un interesse transfrontaliero certo.
Cosa significa? In base all’art. 48, comma 2 del D.Lgs. 36/2023, se un appalto, per il suo valore stimato, tecnicità o ubicazione dei lavori, può attrarre operatori economici esteri, scatta l’obbligo di usare procedure ordinarie “aperte” al mercato europeo.
Solo dopo aver escluso il carattere transfrontaliero dell’appalto, si può valutare l’affidamento diretto come opzione percorribile entro le soglie viste sopra.
Come funziona la procedura di affidamento diretto: le 3 fasi
La procedura di affidamento diretto, pur essendo semplificata, richiede una gestione accurata per garantire il rispetto delle norme e dei principi cardine del Codice dei contratti pubblici. Si articola in tre fasi principali: fase preliminare, selezione informale e criteri di scelta, e fase di affidamento e pubblicazione.
Fase preliminare
Il primo step è la nomina del RUP (Responsabile Unico del Procedimento), che seguirà l’intera procedura e curerà i rapporti con l’operatore economico. Il RUP dovrà predisporre una relazione progettuale semplificata che definisca:
- L’oggetto dell’affidamento;
- L’importo stimato;
- Le ragioni alla base della scelta.
Non serve un progetto dettagliato come nelle procedure ordinarie, ma è comunque necessario inquadrare chiaramente il fabbisogno da soddisfare.
Attenzione però: prima di procedere è necessario verificare l’obbligo di utilizzo del MEPA o dei sistemi telematici regionali. L’affidamento diretto “autonomo” è consentito solo se:
- Non sono attive convenzioni Consip per quella categoria merceologica;
- L’appalto non rientra nei bandi del MEPA;
- L’importo è inferiore a 5.000 euro.
Selezione informale e criteri di scelta
Una volta definito l’oggetto, il RUP deve individuare l’operatore economico a cui affidare la commessa. La legge non impone di acquisire più preventivi, ma nulla vieta alla stazione appaltante di effettuare una preliminare indagine di mercato o un confronto informale tra più operatori.
La stazione appaltante deve verificare che l’operatore economico selezionato abbia le competenze e l’esperienza necessarie per l’esecuzione del contratto. Questa verifica può basarsi su:
- Curriculum dell’operatore economico;
- Documentazione delle esperienze pregresse;
- Iscrizione in elenchi o albi qualificati.
Ad esempio, se l’appalto riguarda un servizio di ingegneria, sarà necessario scegliere un professionista che abbia già svolto con buon esito incarichi analoghi per tipologia e complessità.
L’idoneità va sempre documentata negli atti della procedura, ad esempio acquisendo i curricula dei soggetti interpellati o verificando i servizi svolti per altre amministrazioni attraverso i certificati di regolare esecuzione.
Fase di affidamento e pubblicazione
Individuato l’operatore economico, il RUP deve formalizzare l’affidamento con un’apposita determina che contenga:
- L’oggetto dell’affidamento
- L’importo
- Il fornitore
- Le ragioni della scelta
- Il possesso dei requisiti di carattere generale e tecnico-professionali richiesti
La determina è il provvedimento che conclude la procedura e che va adeguatamente motivato, soprattutto per quanto riguarda l’idoneità dell’affidatario scelto.
Anche se non è prevista la pubblicazione di un bando, la determina va comunque pubblicata sul sito istituzionale dell’amministrazione, nella sezione “Amministrazione Trasparente”, sottosezione “Bandi di gara e contratti”. In questo modo si adempie agli obblighi di trasparenza e si garantisce il controllo diffuso sull’operato dell’amministrazione.
Il ruolo di vigilanza dell’ANAC
Il ricorso all’affidamento diretto non significa assenza di controllo. L’ANAC, nel suo Vademecum sugli affidamenti diretti, sottolinea come sia fondamentale garantire:
- Tracciabilità delle operazioni: tutte le decisioni devono essere documentate;
- Rispetto dei principi di rotazione: evitare favoritismi e promuovere un’equa partecipazione degli operatori economici;
- Verifica dei requisiti dell’affidatario: anche nei casi di affidamenti sotto i 40.000 euro, sono necessarie dichiarazioni di idoneità e qualificazione.
In particolare, il Vademecum ANAC raccomanda alle stazioni appaltanti di:
- Motivare adeguatamente la scelta dell’affidatario, dando conto delle esperienze pregresse valutate;
- Alternare i soggetti da invitare, in quanto sussiste il divieto di riaffidare al contraente uscente nello stesso settore;
- Acquisire l’autocertificazione sul possesso dei requisiti generali e speciali, con riserva di controlli a campione.
Questi accorgimenti possono fare la differenza per sfruttare al meglio la flessibilità dell’affidamento diretto, senza cadere in opacità o distorsioni della concorrenza.
Principio di rotazione e affidamenti diretti
Il principio di rotazione, sancito dall’art. 49 del D.Lgs. 36/2023, mira a evitare fenomeni di consolidamento di rendite di posizione e a favorire una reale concorrenza tra gli operatori economici. Questo principio è particolarmente rilevante per gli affidamenti diretti, in cui l’assenza di un confronto competitivo potrebbe favorire sempre gli stessi operatori.
Il nuovo Codice dei contratti pubblici, all’art. 49 del D.Lgs. 36/2023, fornisce indicazioni precise in merito: la norma impone alle stazioni appaltanti di garantire l’alternanza tra gli operatori economici, evitando di affidare nuovamente il contratto al contraente uscente, salvo casi documentati e giustificati. Questo obbligo si applica:
- Quando due affidamenti consecutivi riguardano il medesimo settore merceologico, categoria di opere o settore di servizi;
- Agli affidamenti diretti di importo superiore a 5.000 euro.
È importante sottolineare, tuttavia, che il principio di rotazione non riveste un carattere assoluto. In presenza di particolari circostanze, adeguatamente motivate, la stazione appaltante ha facoltà di derogare a tale principio, reinvitando il contraente uscente. Vediamo in quali casi.
Deroghe al principio di rotazione
Può accadere che, per la peculiare struttura del mercato o per l’elevata specificità della prestazione richiesta, il vincitore della precedente procedura risulti di fatto l’unico operatore in grado di eseguire efficacemente il nuovo affidamento.
In tali ipotesi, il legislatore consente alle amministrazioni di superare il vincolo della rotazione, purché sussistano congiuntamente tre presupposti, come chiarito dal Consiglio di Stato nella relazione illustrativa al D.Lgs. 36/2023:
- La struttura del mercato di riferimento deve presentare caratteristiche tali da non offrire valide alternative;
- Deve risultare accertata l’effettiva assenza di altri operatori economici idonei, per ragioni tecniche o di privativa industriale;
- Il precedente affidamento deve essersi concluso con un elevato grado di soddisfazione per la stazione appaltante, sotto il profilo dell’accuratezza nell’esecuzione.
Le tre condizioni devono ricorrere cumulativamente, non alternativamente. Non è sufficiente invocare genericamente l’assenza di concorrenti o la buona esecuzione della pregressa commessa. Occorre che la stazione appaltante svolga un’istruttoria rigorosa su ciascuno dei suddetti aspetti, esplicitando le ragioni che giustificano il reinvito dell’affidatario uscente.
Facciamo degli esempi concreti:
- Se devi affidare un servizio di manutenzione su un software proprietario, di cui un’azienda detiene l’esclusiva, potrai reinvitarla se dimostrerai che è l’unica in grado di intervenire su quel programma specifico.
- Se hai già affidato la progettazione di un’opera complessa a un architetto che si è rivelato affidabile e preciso, potrai affidargli anche la direzione lavori se argomenterai che la sua conoscenza del progetto garantisce continuità, efficienza e risparmio di spesa.
In ogni caso, la deroga va sempre motivata in modo rigoroso, dando conto della sussistenza di tutti i presupposti. Se hai dubbi, meglio optare per la rotazione per evitare contestazioni.
Per un quadro completo sul tema, segnaliamo il Comunicato del Presidente ANAC del 24 giugno 2024, che offre spunti operativi e best practice per contemperare semplificazione e tutela della concorrenza negli affidamenti diretti.
Controlli e verifiche per affidamenti sotto 40.000€
Quando si parla di affidamenti diretti, un tema cruciale riguarda i controlli sui requisiti degli operatori economici, specialmente per le procedure sotto i 40.000 euro. Il nuovo Codice Appalti ha introdotto una semplificazione significativa in questo ambito.
L’art. 52 consente agli operatori di autocertificare il possesso dei requisiti di partecipazione e qualificazione attraverso una semplice dichiarazione sostitutiva. Niente più documenti o certificati da produrre, basta l’autodichiarazione. Una boccata d’ossigeno per snellire la burocrazia.
Ma attenzione: semplificazione non significa assenza di controllo. Le stazioni appaltanti sono comunque tenute a verificare le autodichiarazioni, anche a campione. Ogni anno dovranno predeterminare le modalità di estrazione del campione da controllare. Fidarsi è bene, ma verificare è meglio.
E se emerge che l’operatore ha dichiarato il falso? Le conseguenze sono tutt’altro che piacevoli:
- Risoluzione del contratto in essere;
- Escussione della garanzia definitiva, se era stata richiesta;
- Segnalazione all’ANAC per le valutazioni di competenza;
- Sospensione dell’operatore dalle gare della stessa amministrazione.
Insomma, meglio non scherzare con le autodichiarazioni. La furbizia può costare cara. Il consiglio è di essere sempre trasparenti e corretti, perché prima o poi i nodi vengono al pettine. In caso di dubbi, meglio chiedere chiarimenti che rischiare poi spiacevoli sorprese.
Digitalizzazione e affidamenti diretti
Il 1° gennaio 2024 ha segnato un momento di svolta per il settore degli appalti pubblici. Da quella data, infatti, è scattato l’obbligo per tutte le stazioni appaltanti di gestire interamente in via telematica le procedure di affidamento, compresi gli affidamenti diretti. Una novità di grande rilievo, introdotta dal nuovo Codice dei contratti pubblici, che mira a incrementare la trasparenza, la tracciabilità e l’efficienza dei processi di acquisto.
In concreto, questo significa che ogni fase della procedura, dalla progettazione all’esecuzione del contratto, deve svolgersi tramite piattaforme elettroniche certificate. Non sono più ammessi documenti cartacei, email o PEC. Tutto deve transitare attraverso i sistemi informatici dedicati. Un cambiamento che ha richiesto alle amministrazioni un notevole sforzo di adeguamento, sia in termini di dotazioni tecnologiche che di competenze del personale.
Per le stazioni appaltanti si tratta di una sfida organizzativa non indifferente, che richiede di rivedere processi e competenze interne. Ma anche di una grande opportunità per ridurre i tempi delle procedure e i costi di gestione.
Ma come funzionano in pratica gli affidamenti diretti nell’era digitale? Le modalità sono definite da specifiche schede di monitoraggio dell’ANAC:
- Per affidamenti fino a 5.000 euro: scheda AD5
- Per affidamenti da 5.000 a 40.000 euro: scheda AD3
Queste schede vanno compilate e trasmesse telematicamente all’ANAC, così da alimentare la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici. Un modo per garantire il monitoraggio costante e capillare degli affidamenti, anche quelli più “piccoli”.
L’impatto è stato particolarmente significativo per gli affidamenti di importo inferiore a 5.000 euro, i cosiddetti “microacquisti”. Prima del 2024, queste procedure potevano essere gestite in modo informale, ad esempio acquisendo preventivi via email o addirittura con una semplice telefonata al fornitore. Ora, invece, anche per queste spese minime è necessario utilizzare le piattaforme digitali, con tutto ciò che ne consegue in termini di registrazione, caricamento dati, firma digitale dei documenti.
Non sorprende, quindi, che nei primi mesi di applicazione delle nuove regole molte stazioni appaltanti abbiano incontrato difficoltà operative. Emblematico il caso della piattaforma ANAC per l’acquisizione dei CIG (Codici Identificativi Gara), andata in tilt per l’eccesso di richieste. Un problema che ha rischiato di paralizzare l’attività di approvvigionamento delle amministrazioni.
Di fronte a queste criticità, l’Autorità Anticorruzione è intervenuta tempestivamente, mettendo a disposizione un’interfaccia web semplificata per la gestione degli affidamenti sotto i 5.000 euro. Uno strumento alternativo,, pensato per garantire la continuità operativa delle stazioni appaltanti in questa fase di transizione. Attenzione però: si tratta di una soluzione temporanea, inizialmente prevista fino al 30 settembre 2024 e poi prorogata al 31 dicembre dello stesso anno.
Conclusione e supporto legale
Abbiamo visto come il nuovo Codice Appalti ha ampliato le soglie e la discrezionalità delle stazioni appaltanti, pur nel rispetto di principi cardine come la trasparenza, la concorrenza e la rotazione. Abbiamo approfondito le fasi della procedura, i controlli sui requisiti, le modalità di scelta del contraente. Infine, abbiamo accennato alla sfida della digitalizzazione, che cambierà radicalmente il modo di gestire gli appalti.
Ma al di là delle novità normative, ciò che conta davvero è la capacità di tradurre le regole in pratica, di applicarle con buon senso e lungimiranza. Perché un affidamento diretto non è solo un adempimento burocratico, ma uno strumento per perseguire l’interesse pubblico in modo efficace ed efficiente.
Per questo è fondamentale operare sempre in conformità con la normativa vigente, ma anche saper leggere il contesto, valutare le esigenze specifiche, bilanciare le diverse istanze in gioco. Un equilibrio non facile, che richiede esperienza, competenza e visione strategica.Ecco perché il nostro invito è di non affrontare da soli la complessità degli appalti pubblici, ma di affidarvi a professionisti specializzati che possano affiancarvi passo dopo passo. Noi dello studio legale de Bonis mettiamo a vostra disposizione un team di avvocati esperti in contrattualistica pubblica, in grado di fornire consulenze personalizzate su ogni aspetto delle procedure di affidamento.
Andrea de Bonis
Avvocato amministrativista, patrocinante in Cassazione e Giurisdizioni Superiori. Laureato con Masters alla Lumsa, esperto in appalti e contratti pubblici. Partner di 24 Avvocati e relatore universitario, pubblico articoli specialistici con un linguaggio chiaro e accessibile, rendendo il diritto comprensibile a tutti.