
Se stai pensando di avviare un’attività commerciale in uno stabilimento balneare, di aprire un chiosco su una spiaggia, o di realizzare una struttura turistico-ricettiva su un terreno pubblico, probabilmente avrai a che fare con le concessioni demaniali.
Le concessioni demaniali sono provvedimenti con cui lo Stato o gli enti pubblici affidano a privati l’utilizzo esclusivo di beni appartenenti al demanio, come spiagge, porti o terreni, per finalità turistiche, ricreative o produttive.
In questo articolo, curato dall’avvocato Andrea de Bonis, specialista di diritto amministrativo e demaniale, scoprirai:
- Quali sono le opportunità imprenditoriali legate alle concessioni demaniali
- Come funzionano le procedure di assegnazione e quali sono i requisiti per partecipare
- Cosa cambia con le ultime novità legislative e le sentenze della Corte di Giustizia UE
- Come tutelare i tuoi interessi e prevenire contenziosi con l’assistenza di un avvocato specializzato
Se vuoi comprendere come orientarti in questo complesso settore o se sei un’impresa interessata a partecipare a un bando per una concessione, troverai risposte e soluzioni in questa guida.
Sommario
Cosa sono le concessioni demaniali
Le concessioni demaniali sono provvedimenti amministrativi attraverso i quali la Pubblica Amministrazione (PA) trasferisce a un soggetto privato, il concessionario, il diritto di utilizzare in modo esclusivo e per un periodo determinato un bene appartenente al demanio pubblico.
Si tratta di un istituto giuridico di grande rilevanza, che risponde all’esigenza di valorizzare i beni demaniali senza comprometterne la funzione pubblica. Attraverso le concessioni, infatti, la PA mantiene la titolarità e il controllo dei beni, ma ne affida la gestione ai privati, in cambio del pagamento di un canone e del rispetto di determinati obblighi.
Dal punto di vista normativo, la disciplina generale delle concessioni demaniali si trova nel Codice della Navigazione, con particolare riferimento ai beni del demanio marittimo.
A queste norme si affiancano poi leggi che regolano le concessioni di altri tipi di beni demaniali, come:
- Il Testo Unico sulle Acque (R.D. 1775/1933) per il demanio idrico;
- Il Codice della Strada (D.lgs. 285/1992) per il demanio stradale;
- La legge sui beni ferroviari (L. 17/1985) per il demanio ferroviario.
Queste norme definiscono, per ciascun settore, i presupposti e le condizioni per il rilascio delle concessioni, le procedure di assegnazione, i contenuti del rapporto concessorio.
Al di là delle specificità settoriali, però, le concessioni demaniali presentano alcuni tratti comuni che ne definiscono la natura giuridica:
- Sono provvedimenti amministrativi adottati dalla PA nell’esercizio del suo potere discrezionale di gestione dei beni pubblici;
- Hanno carattere eccezionale e temporaneo, perché comportano una deroga al principio generale dell’uso collettivo dei beni demaniali;
- Sono inalienabili e imprescrittibili;
- Implicano il trasferimento di un diritto d’uso esclusivo al concessionario, ma non della proprietà del bene, che resta sempre in capo alla PA;
- Comportano per il concessionario l’obbligo di pagare un canone e di rispettare determinate prescrizioni nella gestione del bene.
Beni oggetto di concessione demaniale
Le concessioni possono riguardare tutte quelle aree e quei beni pubblici che, pur dovendo restare nella titolarità dello Stato, sono suscettibili di essere sfruttati economicamente da parte di soggetti privati:
- Spiagge, fondali marini, porti, laghi e altri beni del demanio marittimo
- Argini, sponde, alvei di fiumi, laghi e altre aree del demanio idrico
- Strade, autostrade, aree di sosta e altri beni del demanio stradale
- Aeroporti e altri beni del demanio aeronautico
- Ferrovie, stazioni, aree di sedime e altri beni del demanio ferroviario.
Utilizzo dei beni demaniali tramite concessione
L’utilizzo dei beni demaniali tramite concessione è subordinato a precise condizioni:
- Finalità dell’uso: il bene deve essere utilizzato per lo scopo dichiarato. Ad esempio stabilimento balneare, porto turistico.
- Obblighi del concessionario: manutenzione, pagamento del canone e rispetto delle normative.
- Divieto di subconcessione: salvo specifica autorizzazione, il concessionario non può cedere il bene a terzi.
In generale, le concessioni hanno quasi sempre finalità turistico-ricreative o comunque legate allo svolgimento di attività economiche. L’importante è che l’uso del bene sia compatibile con la sua natura demaniale e con le prescrizioni urbanistiche e di tutela paesaggistica.
Soggetti che possono richiedere una concessione
Chiarito l’oggetto, vediamo ora chi sono i soggetti che possono richiedere una concessione demaniale. In linea generale, possono farlo:
- Imprese e società: per avviare attività turistiche, produttive o commerciali.
- Privati cittadini: in alcuni casi, per utilizzi personali o familiari (es. terreni agricoli).
- Enti pubblici o associazioni: per progetti che perseguono finalità di pubblico interesse.
La selezione dei soggetti avviene generalmente tramite procedure di gara pubblica, garantendo trasparenza e concorrenza.
Quello che conta è che il richiedente sia in possesso dei requisiti di affidabilità tecnica ed economica previsti dalla legge e dai bandi di gara. Non ci sono preclusioni legate alla natura del soggetto, purché questo sia in grado di gestire il bene e di realizzare gli investimenti richiesti.
Tipologie di beni demaniali
Quando parliamo di “demanio” non ci riferiamo a una categoria omogenea, ma a un insieme variegato di beni, ciascuno con le proprie caratteristiche e destinazioni d’uso. Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
Demanio necessario
Nel demanio necessario rientrano tutti quei beni che, per loro intrinseca natura, non possono che appartenere allo Stato o ad altri enti pubblici territoriali. Si tratta di beni che svolgono funzioni essenziali per la collettività e che, proprio per questo, devono restare nel dominio pubblico.
I principali esempi sono:
- Il demanio marittimo, che comprende spiagge, porti, fari, lagune e altri beni funzionali alla navigazione e alla balneazione
- Il demanio idrico, che include fiumi, laghi, ghiacciai, sorgenti e altre risorse idriche
- Il demanio militare, che riguarda fortificazioni, caserme, poligoni di tiro e altri beni destinati alla difesa nazionale
Questi beni, proprio per la loro rilevanza strategica, sono sottoposti a un regime giuridico particolare, caratterizzato da una serie di vincoli e controlli pubblicistici molto stringenti.
Demanio accidentale
Diverso è il discorso per il demanio accidentale, che include beni che non sono “ontologicamente” pubblici, ma che assumono carattere demaniale solo se e nella misura in cui appartengono a un ente pubblico.
Rientrano in questa categoria, ad esempio:
- Le strade e le autostrade
- Le ferrovie e le stazioni ferroviarie
- Gli aeroporti e le infrastrutture aeronautiche
In questi casi, è la titolarità pubblica del bene a determinare l’appartenenza al demanio, con tutto ciò che ne consegue in termini di regime giuridico applicabile.
Attenzione però: se una strada privata viene espropriata per pubblica utilità, essa entra automaticamente a far parte del demanio stradale. Viceversa, se un tratto di ferrovia viene dismesso e alienato a privati, esso perde il suo carattere demaniale.
Beni demaniali vs beni patrimoniali
Fin qui abbiamo parlato di beni demaniali. Ma non tutti i beni pubblici rientrano in questa categoria. Oltre ai beni demaniali, esistono infatti beni patrimoniali, che si distinguono per caratteristiche e modalità di gestione:
- Beni demaniali: inalienabili, imprescrittibili e destinati a scopi pubblici. La loro gestione è soggetta a norme di diritto pubblico.
- Beni patrimoniali: possono essere alienati e, in alcuni casi, ceduti a privati.
Tra i beni patrimoniali, poi, si distingue tra:
- “Beni patrimoniali indisponibili“, che sono comunque destinati a un pubblico servizio (ad esempio, gli edifici sede di uffici pubblici)
- “Beni patrimoniali disponibili“, che sono alienabili e gestibili con strumenti privatistici (ad esempio, un terreno di proprietà comunale)
Questa distinzione è fondamentale, perché il regime giuridico dei beni patrimoniali è molto diverso da quello dei beni demaniali: meno stringente sul piano dei vincoli pubblicistici, più aperto all’utilizzo di istituti di diritto privato.
Come funzionano le procedure di assegnazione
Le procedure per l’assegnazione delle concessioni demaniali sono disciplinate da normative nazionali e comunitarie che garantiscono trasparenza, imparzialità e pari opportunità tra i candidati. La selezione dei concessionari avviene attraverso procedure pubbliche, come gare o bandi, che rispettano i principi di concorrenza e non discriminazione.
L’intero processo si articola in più fasi: dalla pubblicazione del bando, alla presentazione delle domande, fino alla valutazione delle richieste e all’assegnazione della concessione. Ogni fase è regolata per assicurare il rispetto degli interessi pubblici e la corretta gestione dei beni demaniali.
Principi comunitari e obbligo di gara
L’assegnazione delle concessioni demaniali deve avvenire nel rispetto dei principi comunitari di
- Libera concorrenza;
- Parità di trattamento;
- Non discriminazione.
Lo strumento principale per assicurare il rispetto di questi principi è la procedura di gara pubblica, che rappresenta la modalità ordinaria di assegnazione delle concessioni.
In pratica, l’amministrazione deve pubblicare un bando con cui rende nota la sua intenzione di affidare la gestione di un determinato bene demaniale, specificando i requisiti richiesti ai partecipanti, i criteri di valutazione delle offerte e le condizioni del rapporto concessorio.
A questo punto, tutti i soggetti interessati e in possesso dei requisiti possono presentare la propria candidatura, sottoponendosi al confronto competitivo con gli altri partecipanti.
La gara può svolgersi con diverse modalità, asta pubblica, licitazione privata, procedura negoziata, ma l’elemento essenziale è che vi sia un confronto trasparente e paritario tra i candidati, basato su criteri predeterminati e oggettivi.
Solo in casi eccezionali e tassativi, previsti dalla legge, è possibile derogare all’obbligo di gara e procedere all’assegnazione diretta della concessione. Ma si tratta, appunto, di eccezioni, che devono essere sempre adeguatamente motivate e giustificate.
Modalità di presentazione delle domande
Una volta presa visione del bando di gara pubblicato dall’amministrazione concedente, bisogna verificare di possedere i requisiti richiesti per la partecipazione.
Di solito, questi requisiti riguardano l’idoneità professionale (es. iscrizione alla Camera di Commercio), la capacità economico-finanziaria (es. fatturato minimo, referenze bancarie) e la capacità tecnico-organizzativa (es. esperienza pregressa nella gestione di beni analoghi).
Una volta verificata la propria idoneità, il candidato deve predisporre la domanda di partecipazione e la documentazione richiesta dal bando, che di solito comprende:
- Una dichiarazione sul possesso dei requisiti;
- Un progetto tecnico che illustri le modalità di gestione del bene e gli investimenti previsti;
- Un’offerta economica con l’indicazione del canone concessorio proposto.
Tutta la documentazione deve essere presentata entro i termini e con le modalità indicate nel bando (di solito via PEC o tramite piattaforme telematiche), pena l’esclusione dalla gara.
Criteri di valutazione delle richieste
Una volta scaduti i termini per la presentazione delle domande, l’amministrazione procede alla valutazione delle candidature pervenute, sulla base dei criteri indicati nel bando.
Questi criteri possono comprendere vari parametri di valutazione:
- La qualità del progetto tecnico e la sua rispondenza agli obiettivi di valorizzazione del bene;
- L’entità degli investimenti proposti e la loro sostenibilità economico-finanziaria;
- Il canone concessorio offerto e la sua congruità rispetto al valore del bene;
- Eventuali proposte migliorative o servizi aggiuntivi offerti dal candidato.
Sulla base di questi parametri, l’amministrazione attribuisce un punteggio a ciascuna offerta e stila una graduatoria dei candidati.
La concessione viene quindi assegnata al soggetto che ha ottenuto il punteggio più alto, previa verifica dei requisiti dichiarati e dell’insussistenza di cause di esclusione (es. precedenti penali, infiltrazioni mafiose).
Solo a questo punto, con la stipula del contratto di concessione, si perfeziona il rapporto tra amministrazione concedente e concessionario.
Durata delle concessioni
Le norme prevedono che le concessioni demaniali non possano avere una durata superiore a quanto strettamente necessario per consentire l’ammortamento degli investimenti effettuati dal concessionario.
Questo per evitare che si creino delle vere e proprie “rendite di posizione” a favore di alcuni operatori, a scapito della concorrenza e dell’interesse pubblico.
Di solito, le concessioni hanno una durata compresa tra i 6 e i 20 anni, a seconda del tipo di bene e dell’entità degli investimenti richiesti.
Allo scadere della concessione, il bene torna nella piena disponibilità dell’amministrazione, che deve rimettere a gara il suo affidamento.
Il concessionario uscente, quindi, non ha alcun diritto di prelazione o di rinnovo automatico, ma deve ricandidarsi e sottoporsi nuovamente al confronto competitivo con gli altri operatori interessati.
Solo in casi eccezionali, e sempre nel rispetto dei principi di concorrenza e non discriminazione, la concessione può essere prorogata per il tempo strettamente necessario a concludere le procedure di gara per il riaffidamento.
Canone e altri obblighi del concessionario
Naturalmente, il concessionario non acquisisce solo diritti con l’ottenimento del titolo, ma anche una serie di obblighi nei confronti dell’amministrazione concedente.
Il primo e più importante di questi obblighi è il pagamento del canone concessorio, che rappresenta il corrispettivo per l’utilizzo esclusivo del bene demaniale.
L’entità del canone è di solito commisurata al valore economico della concessione e ai benefici che il concessionario può trarre dalla gestione del bene.
Ma le obbligazioni del concessionario non si esauriscono qui. Egli, infatti, è tenuto anche a:
- Utilizzare il bene per le finalità previste dal contratto di concessione;
- Realizzare gli investimenti e le opere di manutenzione concordate;
- Garantire la fruizione pubblica del bene, ove prevista;
- Rispettare le norme in materia di sicurezza, igiene, lavoro, servizi al pubblico;
- Restituire il bene in buono stato di conservazione alla scadenza della concessione.
In caso di inadempimento a questi obblighi, l’amministrazione può applicare delle penali o, nei casi più gravi, revocare la concessione e incamerare le garanzie prestate.
Evoluzione normativa e giurisprudenziale: il difficile equilibrio tra diritto italiano ed europeo
Il settore delle concessioni demaniali è stato interessato, negli ultimi anni, da un’importante evoluzione normativa e giurisprudenziale, frutto del delicato equilibrio tra la disciplina nazionale e i principi del diritto europeo.
Un equilibrio non facile da trovare, che ha visto interventi legislativi e sentenze spesso contrastanti, con ricadute significative per operatori e amministrazioni. Proviamo a ripercorrere le tappe principali di questo percorso.
L’impatto della Direttiva Bolkestein
Il primo scossone arriva nel 2006, con l’approvazione della Direttiva 2006/123/CE, c.d. Direttiva Bolkestein, che impone la liberalizzazione del mercato dei servizi, incluso quello delle concessioni balneari.
La direttiva, in particolare, sancisce i principi di non discriminazione, parità di trattamento e trasparenza nell’assegnazione dei titoli, imponendo il ricorso a procedure di evidenza pubblica.
Principi che mal si conciliano con alcune “storture” del sistema italiano, come il diritto d’insistenza, che riconosceva al concessionario uscente un diritto di preferenza nel rinnovo del titolo.
Nonostante l’abrogazione di questo istituto nel 2009, la normativa italiana fatica ad adeguarsi alle indicazioni europee, continuando a prevedere proroghe automatiche delle concessioni esistenti.
Una situazione che attira i rilievi della Commissione Europea, che nel 2009 apre una procedura d’infrazione contro l’Italia per violazione delle norme UE sulla concorrenza.
Il braccio di ferro tra Italia e UE
Da qui inizia un vero e proprio “braccio di ferro” tra il legislatore italiano e le istituzioni europee.
Da un lato, l’Italia cerca di tutelare i concessionari storici, riconoscendo la specificità del settore balneare e la necessità di garantire la continuità delle attività.
Lo fa con una serie di proroghe ex lege delle concessioni, l’ultima delle quali, disposta con la Legge di Bilancio 2019, arriva addirittura fino al 2033.
Dall’altro, la Commissione Europea e la Corte di Giustizia UE ribadiscono con forza la necessità di rispettare i principi di concorrenza e non discriminazione, bocciando i meccanismi di proroga automatica.
In particolare, con la sentenza Promoimpresa del 2016, la Corte di Giustizia dichiara incompatibile con il diritto UE la proroga delle concessioni prevista dalla legge italiana.
Le conseguenze concrete delle sentenze europee
Le pronunce della Corte UE hanno un impatto dirompente sull’ordinamento italiano, di fatto “disinnescando” le proroghe disposte dal legislatore.
Per amministrazioni e operatori si apre una fase di grande incertezza: da un lato, i Comuni si trovano obbligati a indire le gare per le concessioni scadute o in scadenza, spesso senza avere le competenze e le risorse necessarie; dall’altro, i concessionari temono di perdere il titolo e di veder vanificati gli investimenti effettuati.
Legge 118/2022
Per cercare di fare chiarezza e bilanciare i diversi interessi in gioco, il legislatore interviene con la Legge 118/2022.
Questo intervento legislativo si propone di bilanciare due interessi fondamentali: da un lato, rispettare i principi comunitari che impongono gare pubbliche e procedure competitive; dall’altro, garantire una transizione equilibrata per i concessionari esistenti, molti dei quali hanno operato per anni sotto un regime giuridico diverso.
La legge stabiliva che entro il 31 dicembre 2023, le amministrazioni pubbliche dovevano avviare procedure selettive per l’assegnazione delle concessioni demaniali. Questa scadenza rappresenta un passaggio fondamentale per adeguare il sistema italiano ai principi di trasparenza e parità di accesso richiesti dall’UE.
Allo stesso tempo, la norma prevedeva un regime transitorio per i concessionari uscenti, consentendo loro di continuare a operare fino a quando le nuove procedure non saranno completate. In questo modo, il legislatore cerca di tutelare gli investimenti effettuati dai concessionari storici e di evitare brusche interruzioni nelle attività economiche già in corso.
Una soluzione di compromesso, che cerca di contemperare il rispetto dei principi europei con la tutela delle imprese balneari, ma che non risolve tutti i nodi del settore.
Le 11 novità del Decreto Legge 131/2024
A distanza di due anni dalla Legge 118/2022, il legislatore è nuovamente intervenuto sulla materia con il Decreto Legge 131 del 5 giugno 2024, introducendo importanti novità per il settore delle concessioni demaniali marittime, a partire da una nuova proroga delle concessioni in essere.
Tra le principali misure previste:
- Le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive sono prorogate fino al 30 settembre 2027, al fine di consentire l’espletamento delle nuove procedure di gara secondo le regole introdotte dallo stesso provvedimento. La proroga non si applica alle procedure selettive già avviate prima dell’entrata in vigore del decreto (17 settembre 2024), che rimangono valide e seguono il loro corso naturale senza essere influenzate dal nuovo decreto.
- Introduzione della proroga tecnica: oltre alla proroga automatica, il decreto consente una proroga tecnica limitata al tempo necessario per concludere le gare, ma non oltre il 31 marzo 2028. Questa misura è pensata per situazioni eccezionali come contenziosi o difficoltà procedurali.
- Proroga del termine per l’avvio delle gare al 31 dicembre 2025, per consentire ai Comuni di adeguarsi alle nuove regole e di predisporre i bandi secondo criteri omogenei. La proroga è subordinata all’effettivo esercizio, da parte delle Regioni, della facoltà di disciplinare i requisiti per la partecipazione, i criteri di selezione e la durata delle concessioni.
- L’obbligo di avviare le gare almeno sei mesi prima della scadenza delle concessioni. In sede di prima applicazione, il termine è ridotto a tre mesi, con obbligo di pubblicazione dei bandi entro il 30 giugno 2027.
- Le nuove gare per l’assegnazione delle concessioni devono rispettare i principi fondamentali del diritto dell’Unione Europea, come la libertà di stabilimento, la parità di trattamento, la trasparenza e la non discriminazione. In aggiunta, viene garantita la massima partecipazione, con particolare attenzione alle microimprese, alle imprese giovanili e agli operatori che promuovano l’inclusività e la sostenibilità. Questi principi mirano a rendere il processo competitivo e accessibile, evitando vantaggi ingiusti per operatori già affermati.
- I bandi di gara devono essere resi pubblici attraverso più canali, tra cui il sito dell’ente concedente, la Gazzetta Ufficiale e, per concessioni rilevanti, anche la Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. Ogni bando deve contenere dettagli fondamentali, come l’ubicazione e le caratteristiche dell’area demaniale, gli investimenti richiesti, la durata della concessione, il canone previsto e i requisiti di partecipazione. Questi criteri garantiscono che le gare siano trasparenti e accessibili, promuovendo una competizione aperta e leale.
- La durata delle nuove concessioni varia tra 5 e 20 anni, in funzione degli investimenti necessari e dei tempi previsti per il loro ammortamento. I criteri di valutazione delle offerte includono elementi come la qualità del servizio proposto, la valorizzazione del territorio, l’accessibilità, l’assunzione di personale giovane e l’esperienza tecnica del concorrente. Particolare attenzione è rivolta a progetti che promuovano le tradizioni locali e l’inclusione sociale, premiando chi propone soluzioni sostenibili e innovative.
- Il decreto introduce l’aggiornamento dei canoni concessori, tenendo conto della redditività delle aree demaniali e della loro destinazione d’uso. In caso di mancato aggiornamento, è previsto un aumento automatico del 10%. Questa misura mira a rendere il sistema più equo, adeguando i costi al valore reale delle concessioni.
- Riconoscimento del legittimo affidamento dei concessionari, con la previsione di un indennizzo a carico del concessionario subentrante, in caso di mancato rinnovo, per il valore dei beni non ammortizzati alla scadenza della concessione.
- Semplificazione delle procedure di rinnovo per le concessioni già oggetto di riassegnazione con procedure di evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di concorrenza e non discriminazione.
- Misure di sostegno alle attività economiche esercitate in forma di micro o piccola impresa, con la previsione di canoni agevolati e di forme di incentivazione fiscale per gli investimenti di riqualificazione.
Si tratta di un intervento atteso dagli operatori del settore, che introduce elementi di maggiore gradualità e flessibilità nell’applicazione della riforma, pur confermando l’obiettivo di un progressivo adeguamento ai principi europei di concorrenza e trasparenza.
Restano tuttavia ancora aperte alcune questioni, come il coordinamento con la normativa regionale e la definizione di criteri per la determinazione dei canoni concessori, su cui si attende un ulteriore intervento chiarificatore del legislatore.
Quel che è certo è che il quadro normativo sulle concessioni demaniali, pur in continua evoluzione, si sta progressivamente stabilizzando, offrendo maggiori certezze a imprese e amministrazioni.
Il valore del supporto legale
Il tema delle concessioni demaniali è complesso e in continua evoluzione, con normative e giurisprudenza che influenzano profondamente le modalità di gestione e assegnazione dei beni pubblici. Comprendere i meccanismi alla base di queste procedure, così come gli obblighi e i diritti che ne derivano, è fondamentale per chiunque voglia intraprendere un’attività su aree demaniali o per le pubbliche amministrazioni chiamate a gestire il processo.
Le recenti riforme legislative, come la Legge 118/2022, e le pronunce della Corte di Giustizia UE sottolineano l’importanza di garantire trasparenza, concorrenza e tutela degli interessi pubblici, senza dimenticare le esigenze di chi, per anni, ha investito nei beni demaniali con regole diverse. Questo equilibrio, sebbene non semplice, è cruciale per promuovere uno sviluppo economico sostenibile, in linea con i principi europei e nazionali.
Se sei un imprenditore interessato a partecipare a una gara, un concessionario storico che vuole tutelare i propri diritti o un ente pubblico impegnato nella gestione delle concessioni, è essenziale affidarsi a professionisti esperti in diritto amministrativo e demaniale.
Lo studio legale de Bonis, guidato dall’avvocato Andrea de Bonis, offre un’assistenza completa in tutte le fasi, dalla partecipazione ai bandi alla gestione di eventuali contenziosi, garantendo un approccio strategico e personalizzato.
Andrea de Bonis
Avvocato amministrativista, patrocinante in Cassazione e Giurisdizioni Superiori. Laureato con Masters alla Lumsa, esperto in appalti e contratti pubblici. Partner di 24 Avvocati e relatore universitario, pubblico articoli specialistici con un linguaggio chiaro e accessibile, rendendo il diritto comprensibile a tutti.