Essere un dipendente pubblico significa avere doveri e responsabilità che vanno ben oltre le mansioni quotidiane. Nello svolgimento delle proprie funzioni, ogni giorno, il dipendente pubblico si trova a prendere decisioni e a compiere azioni che incidono direttamente sulla vita dei cittadini e sul corretto funzionamento dello Stato.
Ma cosa succede quando qualcosa va storto? Quali sono le conseguenze di un errore, di una negligenza o, peggio, di un illecito commesso dal dipendente pubblico?
In questo articolo, Andrea de Bonis, avvocato amministrativista esperto di pubblico impiego, analizza nel dettaglio le 4 principali forme di responsabilità del dipendente pubblico:
- Responsabilità civile, per i danni causati a terzi da comportamenti illeciti o negligenti;
- Responsabilità penale, quando la condotta integra una fattispecie di reato, come l’abuso d’ufficio, la corruzione o il peculato;
- Responsabilità erariale, per i danni cagionati all’ente di appartenenza o all’erario, incluso il danno all’immagine della P.A.;
- Responsabilità disciplinare, in caso di violazione di obblighi di servizio o di norme del codice di comportamento;
Inoltre, una particolare forma di responsabilità riguarda i dirigenti per il mancato raggiungimento degli obiettivi o l’inosservanza delle direttive.
Come vedremo, queste forme di responsabilità sono tra loro autonome, ma spesso si intrecciano e si cumulano, potendo una stessa condotta dar luogo a plurime reazioni sanzionatorie da parte dell’ordinamento.
Sommario
- 1 Cos’è la responsabilità del dipendente pubblico?
- 2 Responsabilità erariale del dipendente pubblico
- 3 Responsabilità disciplinare del dipendente pubblico
- 4 Responsabilità dirigenziale del dipendente pubblico
- 5 Obblighi fondamentali per i dipendenti pubblici: come prevenire violazioni e sanzioni
- 6 Tutela i tuoi diritti di dipendente pubblico
Cos’è la responsabilità del dipendente pubblico?
La responsabilità del dipendente pubblico può essere definita come l’insieme delle conseguenze, sul piano giuridico ed economico, che derivano dalla violazione dei doveri inerenti al rapporto di lavoro con la Pubblica Amministrazione.
In altre parole, si tratta del “risvolto negativo” dell’ampio ventaglio di obblighi e doveri che gravano sul lavoratore pubblico in virtù del suo peculiare status giuridico.
Tali obblighi trovano la loro fonte in una pluralità di norme, che vanno:
- dalla Costituzione (in primis l’art. 28, che sancisce la responsabilità diretta dei funzionari pubblici per gli atti compiuti in violazione di diritti),
- alle leggi (come il Testo Unico sul Pubblico Impiego, D.lgs. 165/2001, e più di recente la L. 190/2012 in tema di anticorruzione),
- ai contratti collettivi nazionali di lavoro (che dettano minuziose regole di condotta),
- fino ai codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni.
Questo sistema di responsabilità ha l’obiettivo di assicurare il “buon andamento” e l'”imparzialità” della P.A., valori di rango costituzionale (art. 97 Cost.), che risulterebbero vanificati se i dipendenti pubblici potessero operare senza il rischio di subire conseguenze per i propri comportamenti scorretti o negligenti.
Ragion per cui se il dipendente non rispetta questi obblighi, per negligenza, superficialità o dolo, può andare incontro a sanzioni di vario tipo, dal semplice richiamo fino al licenziamento nei casi più gravi, passando per multe, sospensioni e risarcimenti del danno.
Responsabilità civile del dipendente pubblico
La responsabilità civile riguarda i casi in cui un dipendente pubblico, nello svolgimento delle sue funzioni, causa un danno economico a terzi — che siano cittadini, aziende o l’amministrazione stessa — per un comportamento illecito o per grave negligenza. In questi casi, il dipendente può essere tenuto a risarcire i danni, se l’errore è attribuibile a colpa grave (una mancanza evidente di attenzione) o dolo (intenzione di causare danno).
Questa responsabilità è sancita dall’articolo 28 della Costituzione, che impone ai funzionari e ai dipendenti pubblici la responsabilità personale per gli atti compiuti in violazione dei diritti altrui, obbligandoli al risarcimento nel caso in cui il danno sia stato causato da dolo o colpa grave. Il Testo Unico sul Pubblico Impiego stabilisce inoltre che, quando la pubblica amministrazione risarcisce il danno causato a terzi, essa ha diritto di rivalersi economicamente sul dipendente responsabile, chiedendo il rimborso delle somme in misura proporzionale alla gravità del danno e del comportamento del dipendente.
Ecco alcuni esempi per cui il dipendente della PA rischia di essere ritenuto responsabile civilmente:
- Errore in un atto amministrativo: un funzionario pubblico potrebbe negare in modo errato un’autorizzazione o una concessione, provocando danni economici a un cittadino o a un’impresa. In tal caso, il dipendente può essere chiamato a rispondere civilmente, se l’errore è ritenuto grave.
In questi casi il danneggiato può citare l’amministrazione per ottenere un risarcimento. Sarà il tribunale a valutare se il danno sia stato causato da una colpa grave o da dolo.
Poiché il dipendente agisce in rappresentanza dell’amministrazione, quest’ultima risponde direttamente dei danni causati.
Una volta risarcito il danno, l’amministrazione può esercitare il diritto di rivalsa nei confronti del dipendente, richiedendo al dipendente stesso di restituire, in tutto o in parte, l’importo risarcito, in base alla gravità della condotta.
Responsabilità penale del dipendente della PA
La responsabilità penale si configura quando un dipendente pubblico, nell’esercizio delle sue funzioni, commette un reato che lede gli interessi dello Stato o dei cittadini. In questi casi, il dipendente rischia sanzioni penali come multa, interdizione dai pubblici uffici, o persino la reclusione. Questo tipo di responsabilità è strettamente personale, poiché riguarda violazioni di norme che si applicano direttamente alla condotta del singolo.
La responsabilità penale si attiva solo quando la condotta del dipendente integra gli estremi di un reato. Tra i reati più comuni imputabili ai dipendenti pubblici troviamo:
- Corruzione e concussione: quando il dipendente accetta denaro o favori (artt. 318-322 c.p.);
- Peculato: quando il dipendente si appropria di denaro o beni che gli sono affidati per ragioni di ufficio (art. 314 c.p.).
Ecco alcuni esempi in cui un dipendente della PA rischia di essere ritenuto responsabile penalmente:
- Richiesta di tangenti: se un funzionario accetta o chiede denaro in cambio di un’accelerazione nei tempi di una pratica, si configura il reato di corruzione.
- Uso personale di risorse pubbliche: un dipendente che si appropria di beni dell’amministrazione per fini personali può incorrere nel reato di peculato.
In caso di condanna, il dipendente è soggetto a sanzioni previste dal Codice Penale. A differenza della responsabilità civile, l’amministrazione non è direttamente coinvolta nel risarcimento del danno penale: la responsabilità è esclusivamente a carico del dipendente.
Tuttavia, un reato penale può comunque portare a sanzioni disciplinari da parte dell’amministrazione, come il licenziamento o l’interdizione dai pubblici uffici, in base alla gravità del reato e al danno causato all’immagine dell’amministrazione.
Responsabilità erariale del dipendente pubblico
La responsabilità amministrativa ed erariale si applica quando un dipendente pubblico, nello svolgimento delle proprie funzioni, causa un danno economico alla Pubblica Amministrazione, danneggiando così il patrimonio pubblico. A differenza della responsabilità civile, che può coinvolgere soggetti terzi, la responsabilità amministrativa e contabile si riferisce esclusivamente a danni subiti dall’ente pubblico stesso.
Questa responsabilità è disciplinata dalla legge e l’organo di vigilanza è la Corte dei Conti, che è incaricata di accertare casi di danno erariale e di applicare eventuali sanzioni economiche nei confronti dei responsabili. Affinché si configuri questa responsabilità, è necessaria la presenza di colpa grave (grave negligenza) o dolo (intenzione di arrecare danno): senza uno di questi elementi, il dipendente non può essere ritenuto responsabile.
Esempi tipici di responsabilità amministrativa e contabile:
- Errata gestione dei fondi pubblici: se un dipendente utilizza in modo scorretto fondi destinati a progetti pubblici, causando un danno economico all’amministrazione, può essere chiamato a rispondere del danno davanti alla Corte dei Conti.
- Spreco di risorse pubbliche: l’acquisto di beni o servizi per la Pubblica Amministrazione senza rispettare le procedure o i limiti di spesa stabiliti può configurare un danno patrimoniale, per cui il dipendente può essere ritenuto responsabile.
In caso di sospetto danno erariale, la Corte dei Conti avvia un’indagine per verificare la responsabilità del dipendente. Se viene accertata colpa grave o dolo, il dipendente può essere condannato al risarcimento del danno arrecato, finalizzato al recupero delle somme perse dall’amministrazione. La somma varia a seconda della gravità del danno e può essere un rimborso totale o parziale.
La responsabilità amministrativa e contabile si affianca alle altre forme di responsabilità del dipendente pubblico e ha l’obiettivo specifico di tutelare il patrimonio pubblico, garantendo il corretto uso delle risorse amministrative.
Responsabilità disciplinare del dipendente pubblico
La responsabilità disciplinare riguarda le violazioni di norme interne, regolamenti o obblighi di comportamento da parte del dipendente pubblico. Questa responsabilità si attiva quando il dipendente contravviene ai doveri previsti dal contratto di lavoro, dal codice di comportamento o dalle direttive dell’ente pubblico. In caso di violazione, il dipendente può essere sottoposto a sanzioni disciplinari, che variano in funzione della gravità dell’infrazione e possono andare dal richiamo scritto al licenziamento nei casi più gravi.
La responsabilità disciplinare è regolata dal D.lgs. 165/2001, noto come Testo Unico sul Pubblico Impiego, che attribuisce alle amministrazioni pubbliche il potere di sanzionare le condotte contrarie al buon andamento e alla trasparenza dell’azione amministrativa. Ogni ente pubblico adotta inoltre un codice di comportamento che specifica le norme etiche e deontologiche da rispettare. Violare queste norme costituisce un illecito disciplinare.
Esempi di responsabilità disciplinare sono
- Assenze ingiustificate: un dipendente che si assenta senza autorizzazione o si allontana senza giustificato motivo può incorrere in sanzioni disciplinari, che vanno dalla sospensione dal lavoro fino al licenziamento in caso di recidiva.
- Comportamenti inadeguati o contrari al decoro del ruolo: l’uso improprio dei mezzi dell’amministrazione o un comportamento scorretto verso colleghi o cittadini sono anch’essi illeciti disciplinari, punibili con sanzioni diverse a seconda della gravità.
Quando l’amministrazione rileva una violazione, avvia un procedimento disciplinare che garantisce al dipendente il diritto di difendersi. La procedura inizia con una contestazione scritta, con cui si notifica al dipendente l’infrazione contestata. Successivamente, il dipendente ha diritto di difendersi, presentando osservazioni scritte e, se lo ritiene, facendosi assistere da un rappresentante sindacale o da un avvocato.
A conclusione dell’istruttoria, l’amministrazione valuta la gravità del comportamento e decide se applicare una sanzione disciplinare. Le sanzioni possono essere:
- Richiamo verbale o scritto: per infrazioni minori;
- Sospensione dal servizio e dalla retribuzione: per violazioni più gravi;
- Licenziamento: nei casi di condotte particolarmente lesive, come assenze prolungate e ingiustificate o comportamenti dolosi che danneggiano l’immagine dell’amministrazione.
Responsabilità dirigenziale del dipendente pubblico
La responsabilità dirigenziale riguarda i dipendenti pubblici con incarichi di direzione e consiste nell’obbligo di rispettare le direttive dell’amministrazione, gestire le risorse con efficienza e raggiungere specifici obiettivi. A differenza di altre responsabilità, quella dirigenziale non si limita a comportamenti illeciti o a errori tecnici: un dirigente può essere considerato responsabile anche per non aver raggiunto i risultati fissati, indipendentemente dalla presenza di dolo o colpa grave. L’obiettivo è assicurare una gestione efficace e allineata agli scopi dell’amministrazione pubblica, come stabilito dal D.lgs. 165/2001 (Testo Unico sul Pubblico Impiego).
Negli ultimi anni, le Riforme Brunetta (2009) e Madia (2015) hanno introdotto criteri più stringenti e sanzioni più severe per i dirigenti, rafforzando il sistema di controllo delle performance e incentivando una gestione responsabile.
Modifiche introdotte dalla Riforma Brunetta (2009)
Con il D.lgs. 150/2009, la Riforma Brunetta ha reso obbligatorio il monitoraggio annuale delle performance dirigenziali, introducendo un sistema di valutazione basato su criteri di efficienza e obiettivi concreti. In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, il dirigente può essere soggetto a provvedimenti come la riduzione delle funzioni o, nei casi più gravi, la revoca dell’incarico. Questa riforma ha introdotto sia incentivi per i risultati positivi, sia sanzioni per quelli negativi, in modo da motivare i dirigenti a operare con continuità e responsabilità.
Modifiche apportate dalla Riforma Madia (2015)
Con la Riforma Madia (L. 124/2015), il sistema di responsabilità dirigenziale è stato ulteriormente rafforzato per assicurare maggiore efficienza e accountability. Tra le principali novità:
- Licenziamento per inadempimento: in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi per grave negligenza, il dirigente può essere licenziato. Questo potere sanzionatorio rafforza la posizione dell’amministrazione nel richiedere prestazioni allineate agli scopi pubblici.
- Valutazione annuale obbligatoria: ogni dirigente è sottoposto a valutazione annuale, e solo le valutazioni positive garantiscono la conferma dell’incarico. Chi non raggiunge gli obiettivi o dimostra gestione inefficace rischia di non essere riconfermato.
Esempi di responsabilità dirigenziale
Queste riforme hanno portato a una maggiore attenzione sugli esiti concreti della gestione dirigenziale. Ad esempio:
- Mancato raggiungimento degli obiettivi: se un dirigente non ottiene i risultati attesi pur avendo le risorse adeguate, può essere ritenuto responsabile.
- Gestione inefficiente delle risorse: se un dirigente utilizza risorse pubbliche senza rispettare le direttive di bilancio, può incorrere in sanzioni, soprattutto se le differenze rispetto agli obiettivi sono significative.
Procedura di valutazione e applicazione delle sanzioni
La valutazione della responsabilità dirigenziale avviene tramite un sistema di monitoraggio della performance che considera il raggiungimento degli obiettivi, la gestione delle risorse e l’aderenza alle direttive. Quando il dirigente non rispetta questi criteri, l’amministrazione può applicare sanzioni come:
- Revoca dell’incarico o riduzione delle funzioni;
- Decurtazione della retribuzione di risultato;
- Licenziamento, nei casi più gravi, come la mancata performance per negligenza.
Questi criteri di valutazione e le sanzioni hanno l’obiettivo di responsabilizzare i dirigenti, garantendo una gestione delle risorse efficiente, trasparente e orientata agli obiettivi pubblici.
Obblighi fondamentali per i dipendenti pubblici: come prevenire violazioni e sanzioni
Nel settore pubblico, rispettare precisi obblighi di condotta è essenziale per evitare sanzioni e garantire che l’amministrazione funzioni in modo corretto e trasparente. Violare questi obblighi può portare a conseguenze legali e disciplinari per il dipendente, quindi è fondamentale comprendere bene quali sono le regole di condotta più importanti.
Agire con diligenza e correttezza
Per un dipendente pubblico, la diligenza significa svolgere i propri compiti con attenzione e precisione, seguendo le norme e le procedure senza trascurare i dettagli. La diligenza è cruciale per evitare errori che, se attribuibili a grave negligenza o a comportamenti scorretti, possono anche portare al risarcimento dei danni.
L’obbligo di correttezza implica invece mantenere comportamenti rispettosi e professionali, tanto verso i cittadini quanto verso i colleghi. Atti come favoritismi, conflitti d’interesse o altri comportamenti inappropriati compromettono l’integrità dell’amministrazione e possono portare a procedimenti disciplinari o penali.
Garantire trasparenza e accesso alle informazioni
La trasparenza è un principio fondamentale nel pubblico impiego e richiede al dipendente di assicurare che le proprie azioni e decisioni siano chiare e documentate. Questo significa, per esempio, fornire accesso agli atti amministrativi, nel rispetto delle norme sulla trasparenza. L’assenza di trasparenza o l’alterazione di informazioni importanti possono generare sfiducia nei cittadini e, in alcuni casi, comportare conseguenze disciplinari o penali.
Seguire il codice di comportamento e agire con integrità
Ogni ente pubblico dispone di un codice di comportamento che stabilisce norme etiche per i dipendenti, come:
- Imparzialità: è necessario evitare favoritismi e situazioni di conflitto d’interesse.
- Riservatezza: informazioni sensibili e dati personali devono essere trattati con attenzione, rispettando la privacy.
- Rispetto verso colleghi e cittadini: il comportamento deve essere sempre cortese e professionale, senza abusi di potere.
Rispettare questi obblighi è fondamentale per svolgere il proprio lavoro in modo responsabile, evitando rischi legali e proteggendo la propria carriera.
Tutela i tuoi diritti di dipendente pubblico
Nel corso della propria carriera, il dipendente pubblico può trovarsi ad affrontare situazioni complesse e delicate, come contestazioni disciplinari, demansionamenti, mobbing o mancate progressioni, che rischiano di ledere i suoi diritti e la sua professionalità.
In questi casi, poter contare su un avvocato specializzato nel pubblico impiego fa la differenza. Lo studio legale de Bonis, con gli avvocati Andrea e Gaetano de Bonis, mette a disposizione un’approfondita conoscenza della normativa sul lavoro pubblico e un’esperienza consolidata nell’assistenza ai dipendenti della PA.
Dalla consulenza sulle procedure disciplinari e i ricorsi al Giudice del Lavoro, fino alla tutela contro discriminazioni e demansionamenti, lo studio legale de Bonis ti affianca in ogni fase del rapporto di lavoro, per far valere i tuoi diritti e ottenere il giusto riconoscimento della tua professionalità.
Chiedi una consulenza preliminare e scopri come risolvere la tua situazione.
Andrea de Bonis
Avvocato amministrativista, patrocinante in Cassazione e Giurisdizioni Superiori. Laureato con Masters alla Lumsa, esperto in appalti e contratti pubblici. Partner di 24 Avvocati e relatore universitario, pubblico articoli specialistici con un linguaggio chiaro e accessibile, rendendo il diritto comprensibile a tutti.