
Quando si parla di appalti pubblici, uno degli aspetti più delicati sono senza dubbio le riserve.
Durante l’esecuzione dei lavori possono emergere imprevisti non considerati al momento della conclusione del contratto di appalto: una variante al progetto, difficoltà geologiche, ritardi nella consegna delle aree. Situazioni che costringono l’appaltatore a sostenere costi extra o a rallentare i lavori. Ecco che lo strumento delle riserve diventa fondamentale: la riserva è lo strumento con cui l’appaltatore fa presenti le proprie ragioni e richiede un riconoscimento economico per i maggiori oneri sostenuti. È un atto formale, che va iscritto nei documenti contabili del cantiere secondo regole e tempistiche precise.
Iscrivere una riserva non equivale a un automatico riconoscimento delle somme richieste. È l’inizio di un confronto con la stazione appaltante, che potrà accogliere in tutto o in parte le richieste dell’impresa, oppure respingerle.
Ecco perché per un appaltatore è fondamentale conoscere bene la disciplina delle riserve: quando iscriverle, come formulare le domande, quali sono i rischi di una riserva incompleta o intempestiva. Ne va della propria capacità di tutelare i propri diritti e il proprio margine di guadagno.
In questo articolo l’avvocato Andrea de Bonis, esperto in consulenza legale per appalti pubblici, cerca di fare chiarezza su un argomento tanto tecnico quanto rilevante.
Sommario
- 1 Cosa sono le riserve negli appalti pubblici
- 2 Le riserve nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici
- 3 Le decadenze e le inammissibilità delle riserve
- 4 La gestione delle riserve negli appalti pubblici
- 5 6 casi in cui non è va iscritta una riserva
- 6 Le riserve negli appalti e il contenzioso
- 7 Strategie per evitare il contenzioso: 4 buone pratiche
Cosa sono le riserve negli appalti pubblici
Quando parliamo di “riserva” in un appalto pubblico, ci riferiamo a una dichiarazione scritta con cui l’appaltatore avanza una richiesta di maggiori compensi o di proroga dei termini contrattuali. È lo strumento con cui l’impresa appaltatrice fa valere le proprie ragioni quando si verificano eventi imprevisti che alterano l’equilibrio economico o temporale del contratto.
Facciamo un esempio pratico. Mettiamo il caso di un appaltatore che sta realizzando un nuovo tratto di strada. In fase di scavo, si imbatte in un banco di roccia non previsto dal progetto. Per rimuoverlo, dovrà utilizzare mezzi più potenti e costosi, sostenendo spese extra. Ecco che attraverso l’iscrizione di una riserva, l’impresa potrà richiedere alla stazione appaltante un compenso aggiuntivo per far fronte a questi oneri imprevisti.
Le riserve nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici
Rispetto alla disciplina precedente, il nuovo Codice degli Appalti detta regole chiare e univoche su modalità e termini di iscrizione delle riserve sui documenti contabili.
In particolare, l’Allegato II.14 del nuovo Codice, richiamato dall’art. 115, dedica l’articolo 7 alla procedura di iscrizione delle riserve. La norma chiarisce innanzitutto le finalità di questo istituto:
- Consentire alla stazione appaltante un controllo continuo ed efficace della spesa pubblica;
- Permettere la valutazione tempestiva delle pretese economiche dell’appaltatore;
- Adottare misure per evitare insufficienza di fondi.
Come vanno formulate le riserve?
Il Codice precisa che devono essere specifiche e indicare con precisione le ragioni su cui si fondano. A pena di inammissibilità, devono contenere:
- La quantificazione precisa delle somme richieste;
- Gli atti a cui si riferiscono le contestazioni (ordini di servizio, CSA, progetto, disposizioni ricevute);
- Le difformità rispetto al contratto;
- Le contestazioni su ordini di servizio che potrebbero comportare responsabilità per l’appaltatore.
Insomma, non basta un generico dissenso: serve una contestazione puntuale e circostanziata.
Come e dove vanno iscritte le riserve?
Quando l’appaltatore ritiene di aver subito un pregiudizio economico o temporale, deve formulare una riserva sul primo atto contabile che gli viene sottoposto, che sia idoneo a riceverla. Potrebbe essere il libretto delle misure o un sal, ma talvolta anche un verbale di sospensione lavori o un ordine di servizio. L’importante è che la riserva sia iscritta tempestivamente, non appena si verifica l’evento che la giustifica.
Ma attenzione: questa prima annotazione non basta. La riserva va poi confermata e dettagliata nel registro di contabilità, alla firma immediatamente successiva. È qui che l’appaltatore deve specificare le ragioni della sua pretesa e quantificare con precisione le somme richieste.
Termini e decadenze per l’iscrizione delle riserve
L’appaltatore ha 30 giorni di tempo dalla richiesta del Responsabile Unico del Procedimento per sottoscrivere il conto finale, iscrivendo le domande già formulate nel registro di contabilità durante i lavori e confermando quelle per cui non ci sono state conciliazioni.
Una procedura analoga è prevista per la sottoscrizione del certificato di collaudo: 20 giorni per firmarlo ed esplicitare eventuali contestazioni sulle operazioni di collaudo.
Manca invece una disciplina chiara sui termini per la sottoscrizione dei SAL e l’iscrizione delle relative riserve. Il Codice si limita a dire che le riserve vanno iscritte, a pena di decadenza, sul primo atto dell’appalto idoneo a riceverle e poi confermate nel registro di contabilità alla firma immediatamente successiva al fatto contestato.
Ma quali sono i tempi per esplicitare in dettaglio le riserve?
Su questo il Codice tace, e ciò rischia di ledere i diritti dell’appaltatore, che non avrebbe modo di esaminare con attenzione i documenti contabili e di formulare con cognizione di causa le sue contestazioni.
Un vuoto normativo che andrebbe colmato. Vedremo se ci saranno chiarimenti o integrazioni su questo punto. Nel frattempo, agli appaltatori il consiglio è di prestare la massima attenzione ai documenti contabili e di non farsi sfuggire i termini per iscrivere le proprie riserve. Perché una riserva intempestiva o carente dei requisiti minimi rischia di far decadere diritti e pretese sacrosanti.
Cosa succede se l’appaltatore non iscrive le riserve?
Se l’appaltatore non formula le riserve nei modi e nei tempi prescritti decade dal diritto di far valere le sue pretese.
Se non iscrive la riserva sul primo atto contabile utile, o se non la conferma nel registro di contabilità, perde la possibilità di chiedere i maggiori compensi o le proroghe. E non potrà più recuperarla in seguito, nemmeno in sede di collaudo o di contenzioso.
È una conseguenza pesante, che sottolinea l’importanza di una gestione attenta e puntuale delle riserve. L’appaltatore deve avere sempre l’occhio vigile sui documenti contabili, per non farsi sfuggire l’occasione di tutelare i propri diritti. Perché una riserva mancata o tardiva può costare caro, in termini di mancati guadagni o di penali da pagare.
Ecco perché conviene sempre farsi assistere da un avvocato amministrativista esperto, che sappia guidare l’impresa nella complessa procedura di iscrizione delle riserve. Perché un errore formale può vanificare anche la pretesa più fondata nel merito.
Le decadenze e le inammissibilità delle riserve
Ci sono precise condizioni di ammissibilità delle riserve, fissate a pena di decadenza. Se la riserva non ha determinati requisiti minimi, è come se non fosse mai stata iscritta.
Quali sono questi requisiti? Li abbiamo già accennati: la riserva deve essere specifica e dettagliata, deve indicare con precisione le somme richieste e le ragioni che la giustificano. Non bastano affermazioni generiche o di stile, tipo “mi riservo per danni da sospensione” o “richiedo 100.000 euro per lavori extracontrattuali”. Servono contestazioni puntuali, che facciano riferimento a fatti precisi e documentati.
In particolare, a pena di inammissibilità la riserva deve contenere:
- la quantificazione esatta dell’importo richiesto;
- gli atti e i documenti a cui si riferisce (ordini di servizio, verbali, progetti);
- le difformità contestate rispetto al contratto o al capitolato;
- le contestazioni su ordini che possono comportare responsabilità per l’appaltatore.
Se manca anche uno solo di questi elementi, la riserva è destituita di fondamento e non potrà essere presa in considerazione dalla stazione appaltante.
La gestione delle riserve negli appalti pubblici
Una volta iscritta la riserva, il RUP valuta l’ammissibilità e la fondatezza delle riserve. Se ritiene che siano infondate o pretestuose, può proporre all’amministrazione di respingerle senza nemmeno tentare la conciliazione.
In caso contrario ha il compito di condurre la trattativa con l’appaltatore per arrivare a una soluzione condivisa.
L’accordo bonario
Quando l’importo delle riserve supera il 10% dell’importo contrattuale, il RUP deve attivare il procedimento di accordo bonario, lo strumento che il Codice mette a disposizione per deflazionare il contenzioso sulle riserve, evitando il ricorso a costosi arbitrati o cause in tribunale. Le parti hanno 90 giorni di tempo per trovare un’intesa. Il RUP acquisisce le relazioni del direttore dei lavori (DL) e del collaudatore, sente l’appaltatore e formula una proposta di accordo. Se l’impresa accetta, si firma il verbale di accordo bonario e la questione è risolta. Altrimenti si passa alla procedura del contenzioso.
Ma attenzione: l’accordo bonario non è una sanatoria a tutto campo. Non basta trovare un punto di incontro economico per risolvere la questione. L’intesa deve rispettare alcuni paletti:
- Non può alterare la sostanza del contratto, modificando l’oggetto o l’importo dei lavori;
- Non può coprire riserve già oggetto di precedenti accordi bonari;
- Deve avere copertura finanziaria, cioè i soldi per pagare le somme riconosciute all’appaltatore.
Dissidi tecnici tra direttore dei lavori e appaltatore: come agire
Non sempre le riserve nascono da questioni economiche. A volte derivano da dissidi tecnici tra appaltatore e Direttore dei Lavori (DL), magari su modalità esecutive o interpretazioni progettuali. Anche qui, il RUP ha un ruolo fondamentale di mediazione e risoluzione dei contrasti.
La procedura è questa: se l’appaltatore contesta gli ordini del DL, può iscrivere riserva sul primo atto contabile utile. A quel punto, il RUP convoca le parti, le ascolta in contraddittorio e decide nel merito della questione. L’appaltatore deve adeguarsi alle sue decisioni, ma può iscrivere ulteriori riserve sui maggiori oneri o sui rischi per la buona esecuzione dell’opera.
In pratica, il RUP ha un potere di decisione sulle questioni tecniche, che gli consente di superare l’empasse e di far proseguire i lavori.
L’appaltatore può contestare anche le decisioni del RUP in sede di riserva, chiedendo il ristoro per i maggiori costi o declinando le proprie responsabilità per eventuali difetti dell’opera.
Anche qui, però, serve attenzione nella formulazione delle riserve. Non basta contestare nel merito le scelte del RUP, ma bisogna sempre indicare le ricadute economiche o i rischi che ne derivano.
6 casi in cui non è va iscritta una riserva
Il Decreto Legislativo 36/2023, all’art. 7 dell’Allegato II.14, introduce una significativa novità: vengono elencate sei fattispecie che, per la loro natura, non sono considerate “riserve” e quindi non sono soggette all’obbligo di iscrizione nei documenti contabili. Questo implica che tali situazioni, pur essendo potenzialmente contestabili, seguono procedure diverse e non rientrano nel regime formale delle riserve:
- Adeguamenti contrattuali automatici previsti dalla normativa:
Si tratta di modifiche o compensazioni che scattano in virtù di obblighi di legge e che, pertanto, non richiedono la formalizzazione di una riserva per essere riconosciute. Ad esempio, l’adeguamento prezzi o il riequilibrio dei costi in base all’andamento inflattivo. - Domande relative a ritardi nei pagamenti dovuti dalla stazione appaltante:
I ritardi nei pagamenti degli stati di avanzamento lavori (SAL) o di altri corrispettivi non sono qualificabili come riserve. Questi vengono trattati secondo le disposizioni specifiche in materia di interessi legali e moratori. - Contestazioni relative a lavori registrati in contabilità come partite provvisorie:
Quando i lavori sono contabilizzati in via provvisoria, non è necessario iscrivere una riserva. L’obbligo di contestazione sorge solo al momento della contabilizzazione definitiva. - Eventuali richieste di adeguamento economico già concordate:
Le richieste che si basano su accordi già formalizzati non richiedono ulteriori riserve, in quanto l’accordo precedente regola le modalità e le condizioni economiche della prestazione. - Domande di risarcimento motivate da comportamenti della stazione appaltante:
Questa fattispecie riguarda situazioni in cui il comportamento della stazione appaltante, del RUP o del direttore dei lavori ha causato danni o maggiori oneri. È una previsione che ha sollevato perplessità, poiché tali domande spesso richiedono una formalizzazione per avviare un eventuale contenzioso. - Ritardi nel collaudo dovuti a comportamento colposo della stazione appaltante:
Anche in questo caso, non è previsto che l’appaltatore debba iscrivere una riserva per contestare il ritardo nel collaudo. Tuttavia, si tratta di una previsione che richiede ulteriori chiarimenti, poiché tali ritardi possono comportare conseguenze significative per l’impresa, come maggiori oneri finanziari o dilazioni nei pagamenti finali.
Le riserve negli appalti e il contenzioso
Supponiamo che l’appaltatore abbia iscritto le riserve, ma che la stazione appaltante le abbia respinte. Magari perché ritenute inammissibili, o infondate nel merito. Che succede a questo punto?
L’impresa deve subire in silenzio o ha qualche carta da giocare?
La risposta è: dipende.
Se il rigetto delle riserve è avvenuto nell’ambito di un accordo bonario, la strada è in salita. L’accordo ha infatti natura transattiva e dunque è tendenzialmente inoppugnabile. L’appaltatore potrà contestarlo solo per vizi gravi, come l’errore, la violenza o il dolo. Altrimenti, dovrà accettare l’esito della conciliazione, nel bene e nel male.
Diverso il caso in cui non si sia formato alcun accordo bonario, perché il RUP ha ritenuto le riserve inammissibili o perché la trattativa non è andata a buon fine. Qui l’appaltatore ha il diritto di impugnare la decisione amministrativa che respinge le sue pretese, facendo valere le proprie ragioni in sede giudiziale o arbitrale.
L’impugnazione va proposta entro 60 giorni dalla comunicazione del rigetto delle riserve. Un termine che può sembrare lungo, ma che in realtà vola via tra perizie, consulenze tecniche e predisposizione degli atti difensivi.
Ecco perché, se la stazione appaltante respinge le riserve, conviene attivarsi subito, senza aspettare l’ultimazione dei lavori o il collaudo. Più tempo passa, più diventa difficile ricostruire i fatti e raccogliere la documentazione a supporto.
Quando una riserva diventa oggetto di arbitrato o causa legale?
Ma quando conviene adire le vie legali? Non c’è una risposta universale, dipende dalla situazione concreta. Di certo, se l’importo delle riserve rigettate è consistente e ci sono buoni argomenti per sostenerne la fondatezza, la causa può essere una strada obbligata. L’alternativa è rinunciare a legittime pretese e magari compromettere l’equilibrio economico dell’appalto.
Tuttavia, bisogna sempre valutare con attenzione costi e benefici. Un arbitrato o una causa possono durare anni e costare cifre importanti in termini di consulenze, spese legali, tempo sottratto all’attività d’impresa. Senza contare il rischio di soccombenza, che oltre al danno comporterebbe la beffa di dover pagare le spese processuali.
Prima di intraprendere la strada di un arbitrato o di un giudizio, è sempre bene tentare ogni possibile via conciliativa. Magari con l’assistenza di un legale che sappia condurre la trattativa in modo fermo ma costruttivo, cercando di tutelare l’interesse dell’impresa senza precludere la possibilità di un accordo soddisfacente.
Strategie per evitare il contenzioso: 4 buone pratiche
Prevenire è sempre meglio che curare. E allora la domanda è: come evitare che le riserve si trasformino in un contenzioso infinito e logorante? Non ci sono ricette magiche, ma qualche buona pratica sì.
- Prima di tutto, curare al massimo la qualità delle riserve. Iscriverle nei termini, motivarle in fatto e in diritto, quantificarle in modo preciso e documentato. Più le riserve sono solide, meno la stazione appaltante avrà argomenti per respingerle o tergiversare.
- Poi, instaurare un dialogo costruttivo con il RUP e i suoi collaboratori. Cercando di risolvere i problemi sul nascere, senza lasciare che si incancreniscano. Con la fermezza di chi sa di avere ragione, ma anche con la disponibilità a trovare soluzioni praticabili. A volte una riunione a tempo debito può evitare una causa da migliaia di euro.
- Ancora, documentare tutto. Tenere traccia scritta di ogni comunicazione, di ogni ordine, di ogni evento rilevante in cantiere. Così, se la trattativa va male, si avrà un solidissimo dossier da portare in giudizio. Senza doversi affidare alla memoria o alle dichiarazioni postume.
- Infine, affidarsi a professionisti preparati. Che sappiano assistere l’impresa in tutte le fasi della vita dell’appalto, dalla stipula del contratto al collaudo. Perché le riserve non si improvvisano, ma richiedono competenza tecnica e giuridica. E un bravo legale di fiducia può fare la differenza tra una riserva andata a buon fine e una causa persa.
Spero che queste considerazioni possano essere utili per inquadrare il complesso tema delle riserve negli appalti pubblici. Come avvocato che da anni assiste imprese e amministrazioni in questo campo, posso testimoniare che non esistono soluzioni semplici o automatismi. Ogni situazione fa storia a sé e richiede un approccio calibrato sulle specifiche esigenze del caso.
Ma una cosa è certa: conoscere bene la materia, dalla normativa alla giurisprudenza, è il primo passo per muoversi con sicurezza in un terreno così accidentato. E scegliere i giusti professionisti per farsi assistere è il miglior investimento che un’impresa possa fare per tutelare i propri diritti e il proprio futuro.
Andrea de Bonis
Avvocato amministrativista, patrocinante in Cassazione e Giurisdizioni Superiori. Laureato con Masters alla Lumsa, esperto in appalti e contratti pubblici. Partner di 24 Avvocati e relatore universitario, pubblico articoli specialistici con un linguaggio chiaro e accessibile, rendendo il diritto comprensibile a tutti.