
Il subappalto rappresenta uno degli istituti centrali nella gestione degli appalti pubblici, ma anche uno dei più controversi. Permette il coinvolgimento delle piccole e medie imprese, favorisce la specializzazione e la flessibilità organizzativa, amplia la concorrenza. Allo stesso tempo, però, può presentare rischi non trascurabili, dalla difficoltà di controllo sulla filiera all’esposizione a potenziali infiltrazioni criminali.
Proprio per questo, la normativa italiana ha tradizionalmente adottato un approccio restrittivo al subappalto, ponendo limiti quantitativi rigidi come il tetto del 30% sull’importo complessivo del contratto.
Questa divergenza di vedute ha portato a una procedura d’infrazione a carico dell’Italia e, di conseguenza, alla necessità di rivedere la disciplina interna per allinearla ai principi comunitari.
Con l’introduzione del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, l’Italia ha allineato la disciplina del subappalto alle direttive europee, eliminando limiti quantitativi come la soglia del 30% e aprendo al subappalto a cascata. Queste modifiche, accompagnate da nuovi obblighi di trasparenza e controlli, mirano a bilanciare esigenze operative e tutela della legalità.
Questo articolo, redatto dall’avvocato de Bonis, amministrativista specializzato in appalti, approfondisce le principali novità introdotte e i nuovi requisiti operativi per stazioni appaltanti, appaltatori e subappaltatori.
Il nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 36/2023) segna un punto di svolta, eliminando i limiti generali al subappalto e aprendo cautamente al subappalto a cascata (o di secondo livello).
Sommario
- 1 I vecchi limiti del subappalto e le ragioni del cambiamento
- 2 Le novità del Codice: il superamento dei limiti generali
- 3 Subappalto a cascata: aperture e cautele
- 4 Obblighi e controlli a presidio della legalità
- 5 Responsabilità e tutele: responsabilità solidale appaltatore-subappaltatore
- 6 Meccanismi di controllo sulla filiera
- 7 Affidati a un esperto per la contrattualistica e le controversie negli appalti pubblici
I vecchi limiti del subappalto e le ragioni del cambiamento
Fino all’entrata in vigore del nuovo Codice, la disciplina del subappalto era caratterizzata da un limite quantitativo molto stringente. L’art. 105 del D.Lgs. 50/2016 prevedeva infatti che l’eventuale subappalto non potesse superare la quota del 30% dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture.
Si trattava di un vincolo di portata generale, che non ammetteva deroghe se non in casi eccezionali e tassativamente previsti. Una restrizione significativa, che rispondeva all’esigenza di evitare uno svuotamento del contratto principale e di mantenere in capo all’appaltatore la prevalente esecuzione delle prestazioni.
Questa impostazione, se da un lato rifletteva la necessità di contrastare possibili fenomeni elusivi o addirittura illeciti, dall’altro finiva per comprimere l’autonomia organizzativa delle imprese.
Le contestazioni UE all’Italia e le procedure d’infrazione
Le direttive UE, pur riconoscendo l’importanza di prevenire fenomeni elusivi o distorsivi, adottano un approccio più flessibile e favorevole alla libertà di organizzazione delle imprese. Non prevedono limiti quantitativi espressi al subappalto, ma demandano alle stazioni appaltanti (SA) il compito di valutare, caso per caso, l’opportunità di limitarne l’utilizzo in relazione alle specificità del singolo appalto.
La disciplina italiana sul subappalto ha attirato le critiche delle istituzioni europee. Con la procedura d’infrazione n. 2018/2273, la Commissione ha contestato all’Italia la violazione dei principi di libera concorrenza e parità di trattamento sanciti dalle direttive europee in materia di appalti pubblici.
Secondo la Commissione, il limite del 30% costituiva una restrizione sproporzionata e ingiustificata alla libertà di organizzazione delle imprese, tale da ostacolare l’accesso al mercato specie delle piccole e medie imprese. Una misura che finiva per tradursi in un indebito ostacolo alla concorrenza.
Di qui la richiesta, rivolta al nostro Paese, di allineare la disciplina interna ai principi del diritto europeo. Una sollecitazione che ha portato, non senza resistenze, al superamento dei rigidi vincoli quantitativi previsti dalla previgente normativa.
Le novità del Codice: il superamento dei limiti generali
Il nuovo Codice dei contratti pubblici segna un cambio di rotta significativo nella disciplina del subappalto. L’elemento più evidente è senza dubbio il superamento dei rigidi limiti quantitativi previsti dalla previgente normativa.
L’art. 119 del nuovo Codice non ripropone il limite del 30% dell’importo complessivo del contratto che il vecchio art. 105 poneva alla quota subappaltabile. Una scelta che recepisce le indicazioni provenienti dalle istituzioni europee e che mira a promuovere una maggiore flessibilità nell’organizzazione delle imprese.
Attenzione però: l’eliminazione del tetto percentuale non significa che ora il subappalto sia liberalizzato senza condizioni. Il nuovo Codice, infatti, pur ampliando gli spazi di manovra per gli operatori, introduce una serie di cautele e contrappesi per evitare distorsioni o abusi.
I nuovi poteri delle stazioni appaltanti
Un ruolo centrale è attribuito alle stazioni appaltanti. Sono loro, infatti, a dover indicare nei documenti di gara le prestazioni o lavorazioni da eseguire necessariamente a cura dell’aggiudicatario, in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto.
Si tratta di una valutazione delicata, che richiede alle amministrazioni di considerare attentamente le esigenze di ogni singolo affidamento.
È un potere discrezionale importante, che responsabilizza le stazioni appaltanti e le chiama a un’attenta ponderazione delle scelte. Non più divieti assoluti calati dall’alto, ma valutazioni calibrate sulle specificità di ogni intervento.
I criteri per limitare il subappalto
Ma quali sono i parametri che le amministrazioni devono considerare nell’esercizio di questo potere? L’art. 119 ne indica alcuni, che possono guidare la definizione dei limiti al subappalto nei singoli appalti.
- In primo luogo, rilevano le caratteristiche intrinseche delle prestazioni da eseguire. Per attività particolarmente complesse o ad alto contenuto tecnologico, può essere opportuno circoscrivere il ricorso a subappaltatori, per garantire maggiore affidabilità.
- Contano poi le esigenze di controllo e coordinamento del processo esecutivo. In contesti di cantiere articolati e con più imprese coinvolte, un subappalto troppo esteso può rendere difficile la gestione unitaria dei lavori e il rispetto di tempi e standard qualitativi.
- Non meno rilevanti sono gli aspetti di tutela delle condizioni di lavoro e di sicurezza. Limitare il subappalto per attività rischiose o labour intensive può servire a presidiare meglio il rispetto dei contratti collettivi e delle norme antinfortunistiche.
- Infine, specialmente in contesti critici, pesa anche l’esigenza di prevenire rischi di infiltrazione criminale. Se ci sono alert per possibili condizionamenti illeciti, circoscrivere la filiera del subappalto è una contromisura possibile.
Le limitazioni, quando presenti, devono essere dichiarate nei documenti di gara e correlate alle peculiarità dell’appalto, rispettando principi di proporzionalità e trasparenza.
In alcuni casi, la normativa prevede deroghe per imprese con requisiti particolari, come quelle iscritte all’Anagrafe antimafia degli esecutori. Questo strumento, oltre a semplificare l’accesso per gli operatori qualificati, rappresenta un ulteriore presidio di legalità e sicurezza nel sistema degli appalti pubblici.
Subappalto a cascata: aperture e cautele
Un’altra importante novità introdotta dal D.Lgs. 36/2023 riguarda la possibilità del cosiddetto subappalto “a cascata” o di secondo livello. Si tratta di una fattispecie che il previgente Codice vietava in modo categorico, ma che ora trova un primo riconoscimento, sia pure condizionato, nella nuova disciplina.
Ma cosa si intende esattamente per subappalto a cascata? In sostanza, si fa riferimento alla possibilità, per un subappaltatore, di affidare a sua volta parte delle lavorazioni o dei servizi a un sub-subappaltatore. Un meccanismo che, in astratto, potrebbe replicarsi a catena, con subappalti di terzo, quarto, quinto livello.
Facciamo un esempio concreto. Immaginiamo un appalto di lavori per la realizzazione di un nuovo edificio scolastico. L’appaltatore affida in subappalto l’esecuzione degli impianti elettrici a un’impresa specializzata. Quest’ultima, a sua volta, subappalta parte delle lavorazioni, ad esempio la posa dei cavi, a un’altra ditta. Ecco, questo è un caso di subappalto a cascata.
Condizioni e limiti di ammissibilità del subappalto a cascata
Attenzione però: il nuovo Codice non spalanca le porte a questo meccanismo senza prevedere adeguati contrappesi. Al contrario, pur superando il divieto assoluto previsto dalla disciplina previgente, pone una serie di condizioni e limiti per il ricorso al subappalto di secondo livello.
Innanzitutto, occorre considerare che non tutte le prestazioni subappaltate possono essere oggetto di ulteriore subappalto. L’art. 119 del nuovo Codice stabilisce che il subappalto a cascata è consentito, ma può essere limitato dalle stazioni appaltanti: nei documenti di gara, devono indicare con precisione quali prestazioni, pur subappaltabili, non possono essere ulteriormente subappaltate.
Questa discrezionalità si esercita in base a criteri specifici, come:
- La complessità delle lavorazioni, che potrebbe richiedere un maggiore presidio da parte del soggetto direttamente affidatario;
- La tutela delle condizioni di lavoro, per garantire il rispetto delle norme di sicurezza e dei contratti collettivi;
- La prevenzione di infiltrazioni criminali, particolarmente rilevante nei contesti più esposti a rischi.
Si tratta di una facoltà importante, che responsabilizza le PA e le chiama a una ponderata valutazione delle esigenze di ogni specifico affidamento. Non un divieto generalizzato, dunque, ma un approccio calibrato sulle caratteristiche di ciascun appalto.
Nell’esercizio di questo potere, le stazioni appaltanti dovranno considerare una pluralità di fattori. Oltre alla già richiamata complessità delle prestazioni, peseranno le esigenze di monitoraggio del processo esecutivo, la necessità di assicurare adeguati standard qualitativi, l’opportunità di presidiare i profili di legalità e sicurezza del lavoro.
Quindi, se è vero che il nuovo Codice apre alla possibilità del subappalto di secondo livello, è altrettanto vero che lo fa con cautela e prevedendo una serie di contrappesi. Starà alla responsabilità di tutti gli attori in gioco – PA e imprese – trovare il giusto punto di bilanciamento nell’utilizzo di questo strumento.
Obblighi e controlli a presidio della legalità
Abbiamo visto come il nuovo Codice apra spazi di flessibilità nel ricorso al subappalto, superando i rigidi limiti percentuali del passato. Ma sarebbe un errore pensare che questa maggiore elasticità significhi un allentamento dei presidi di legalità e trasparenza. Al contrario, proprio la rinuncia a divieti predeterminati impone un rafforzamento dei controlli sostanziali sulla filiera delle imprese.
Vediamo quali sono i principali obblighi e controlli previsti:
- Indicazione in sede di offerta delle prestazioni da subappaltare: l’appaltatore deve dichiarare già in gara quali lavorazioni o servizi intende affidare a terzi. È una misura che responsabilizza le imprese e consente alle stazioni appaltanti di conoscere fin da subito l’assetto organizzativo del contratto.
- Requisiti di qualificazione del subappaltatore: chi esegue in subappalto deve possedere tutti i requisiti di qualificazione previsti per le specifiche prestazioni affidate. Ad esempio, per lavori edili, servono le attestazioni SOA pertinenti. È un modo per garantire la capacità tecnica ed organizzativa della filiera.
- Requisiti di affidabilità morale del subappaltatore: niente subappalti a imprese con precedenti penali o gravi inadempimenti. Prima di autorizzare il subappalto, la stazione appaltante deve verificare l’assenza di cause di esclusione in capo al subappaltatore. Un presidio essenziale di legalità.
- Verifiche antimafia e white list: il subappalto è sempre subordinato all’esito positivo delle verifiche antimafia. Essere iscritti nelle white list, cioè negli elenchi di fornitori “immacolati”, semplifica l’iter ma non esonera dai controlli. Niente subappalti a imprese colpite da interdittive antimafia. Un modo per tenere alta la guardia contro le infiltrazioni criminali.
Responsabilità e tutele: responsabilità solidale appaltatore-subappaltatore
Quando si parla di subappalto, un tema delicato è quello delle responsabilità e delle tutele per i soggetti coinvolti.
- Chi risponde se qualcosa va storto?
- Come sono garantiti i crediti dei subappaltatori?
- Quali sono i poteri di controllo della stazione appaltante sulla filiera?
Un principio cardine in materia è quello della responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore nei confronti della stazione appaltante. In concreto, ciò significa che se il subappaltatore commette un inadempimento, la stazione appaltante può rivalersi non solo su di lui, ma anche sull’appaltatore principale.
Sul fronte dei pagamenti al subappaltatore, la regola generale è che sia l’appaltatore a corrispondergli quanto dovuto, dopo aver ricevuto i fondi dalla stazione appaltante.
Tuttavia il Codice prevede che in situazioni specifiche la PA ha la facoltà, e non l’obbligo, di pagare direttamente il subappaltatore, bypassando l’appaltatore:
- Quando il subcontraente è una micro o piccola impresa;
- In caso di inadempimento dell’appaltatore verso il subappaltatore;
- Su richiesta del subappaltatore, se la natura del contratto lo consente.
Questa misura rappresenta una forma di tutela per i subappaltatori, garantendo loro un accesso diretto alle somme dovute, riducendo il rischio di ritardi o mancati pagamenti da parte dell’appaltatore principale.
È importante sottolineare che il pagamento diretto al subappaltatore non modifica il regime delle responsabilità: l’appaltatore resta comunque il primo riferimento per la stazione appaltante e mantiene tutti i suoi obblighi.
Meccanismi di controllo sulla filiera
Abbiamo già visto che l’amministrazione deve verificare i requisiti del subappaltatore prima di autorizzare l’affidamento. Ma la vigilanza non si esaurisce in questa fase preliminare.
Durante l’esecuzione del contratto, infatti, la stazione appaltante ha il potere-dovere di monitorare l’operato di tutti i soggetti coinvolti, appaltatore e subappaltatori. Ciò avviene attraverso una serie di strumenti: ispezioni in cantiere, verifiche sulla qualità dei materiali utilizzati, controlli sulla regolarità contributiva e retributiva delle imprese.
In caso di anomalie o inadempienze, la stazione appaltante può intervenire con penali, contestazioni e, nei casi più gravi, con la risoluzione del contratto. Naturalmente, questi poteri vanno esercitati in modo proporzionato ed equilibrato, evitando eccessi ma anche lassismi.
Nel subappalto vige un principio di responsabilità condivisa tra appaltatore e subappaltatore verso la stazione appaltante, che a sua volta ha un ruolo attivo di vigilanza sull’intera filiera. Solo bilanciando in modo accurato queste tre dimensioni – responsabilità, tutele e controlli – si può assicurare un’esecuzione del contratto corretta, trasparente ed efficiente.
Affidati a un esperto per la contrattualistica e le controversie negli appalti pubblici
Il nuovo Codice dei contratti pubblici porta importanti novità sul subappalto, con più flessibilità per le imprese ma anche nuove responsabilità per tutti i soggetti coinvolti.
Come professionisti del diritto impegnati quotidianamente nell’assistenza a imprese e stazioni appaltanti, noi dello studio legale de Bonis sappiamo bene quanto sia importante gestire in modo accurato e consapevole i rapporti di subappalto. Non si tratta solo di adempiere correttamente alle norme, ma di impostare relazioni contrattuali chiare, trasparenti ed efficaci, nell’interesse di tutti i soggetti coinvolti.
Per questo, il nostro impegno è quello di affiancare i clienti in ogni fase del processo, dalla predisposizione della documentazione di gara fino alla gestione di eventuali criticità o contestazioni in fase esecutiva. Con un approccio multidisciplinare, che unisce competenze giuridiche, tecniche e gestionali, lavoriamo per prevenire il contenzioso e per trovare soluzioni rapide ed eque in caso di problemi.
Andrea de Bonis
Avvocato amministrativista, patrocinante in Cassazione e Giurisdizioni Superiori. Laureato con Masters alla Lumsa, esperto in appalti e contratti pubblici. Partner di 24 Avvocati e relatore universitario, pubblico articoli specialistici con un linguaggio chiaro e accessibile, rendendo il diritto comprensibile a tutti.